Cristina Bernardi ha fondato la onlus Sos Pma, presentata alla Camera Sostegno per le coppie che cercano la procreazione medicalmente assistita
Roma, 14 febbraio 2012, sala della Mercede della Camera dei Deputati, ore 10.30. Per la presentazione a livello nazionale della onlus padovana «Sos Pma» si sono dati appuntamento specialisti di Procreazione medicalmente assistita, ma anche protagonisti patavini e capitolini del mondo politico e delle professioni. E’ il sogno di Cristina Bernardi che si avvera. Lei siede al tavolo dei relatori ed espone il suo progetto con entusiasmo e un pizzico di emozione… come non provarla?
Un punto d’ arrivo e di partenza questo suo, signora Bernardi. Ci racconti prima qualcosa di lei.
Sono nata ad Este nel ’72, ultimogenita di quattro sorelle e prima del fratello maschio, tanto atteso in famiglia. Dopo il diploma di segretaria d’azienda nel ’91 sono partita per Roma per frequentare il corso ed arruolarmi in polizia, ma per un caso ho ricevuto un’offerta di lavoro da un dirigente della Max Mara, in cerca di una figura professionale che curasse gli allestimenti del nuovo negozio in via Condotti; ho subito accettato, avevo familiarità col mondo della moda, dove da tempo lavorava mia sorella. Nel ’95 mi hanno cercata per l’apertura della sede romana di Versace. Vi sono rimasta due anni e mezzo, occupandomi sia di amministrazione che di eventi e sfilate:un’occasione straordinaria per una «ragazza di campagna» come me. Poi il ritorno a Padova per motivi familiari, ma anche qui ho continuato ad occuparmi del ramo commerciale d’una catena di negozi. Oggi lavoro nel ramo gestione d’azienda in uno studio di commercialisti.
La sua onlus si occupa di procreazione medicalmente assistita e di prevenzione dell’infertilità, facendo informazione nelle scuole. Quando questi problemi entrano nella sua vita?
A 23 anni soffrivo di dolori mestruali così forti, che svenivo. Durante un’indagine laparoscopica si sono evidenziati con chiarezza i sintomi dell’endometriosi, patologia allora poco conosciuta e curata per tentativi. Durante uno di questi, i medici hanno deciso di mettermi a riposo per più di un anno l’utero tramite dosi massicce di ormoni oggi considerati pericolosi. Vivevo nel contempo un forte disagio psicologico: l’endometriosi rende la sessualità difficile da gestire, le cure comportano pesanti effetti collaterali e la guarigione non è mai definitiva.
Nel 2001 si è reso necessario un secondo intervento e per la prima volta mi è stato prospettato che un’ eventuale gravidanza avrebbe comportato il ricorso alla fecondazione assistita o comunque a cure particolari.
Nel 2002 ho conosciuto il mio attuale marito e mi sono sottoposta a 4 tentativi di fecondazione tra pubblico e privato, nessuno dei quali giunto a buon fine. I dosaggi ormonali erano così pesanti che ho iniziato a soffrire di devastanti attacchi di panico. Ho deciso allora col mio compagno di fare un anno di stop per riprendermi e nel frattempo di sposarci per iniziare le pratiche di adozione di un bambino.
Era il 2006, ma l’iter burocratico dell’adozione si è rivelato presto ancor più faticoso della fecondazione; così mio marito mi ha incoraggiata a ritentare la via medica presso la struttura della procreazione medicalmente assistita dell’azienda ospedaliera di Padova.
Questa volta è stato subito un successo ma io non ci credevo, continuavo a comprare in farmacia i test di gravidanza… che felicità. Ad un certo punto si è reso evidente che si sarebbe trattato d’ un parto gemellare: evento affatto raro nella fecondazione in vitro dove vengono impiantati sino a tre ovociti a partire dalla legge 40, mentre prima anche di più.
Com’è stata la gravidanza dopo tanto soffrire?
Ho trascorso otto mesi meravigliosi, senza nausee e vomito. Dico otto perché ad un certo punto uno dei bambini – dentro di me ho sempre avuto la certezza che si sarebbe trattato di un maschio e di una femmina – non cresceva più e si è reso necessario il cesareo. Ho sofferto molto di dover tornare a casa lasciando Noemi e Nicolò nel reparto neonatale, mi sentivo in colpa all’idea che il mio forte desiderio di maternità fosse andato a scapito del benessere dei bambini: che sono poi cresciuti benissimo ed oggi a quattro anni sono addirittura sopra la media come dimensioni. Oltre che bellissimi.
Ad un certo punto si manifesta un fatto imprevisto…
Nel maggio 2010, tre anni dopo la loro nascita, è uscita sui giornali la notizia che l’azienda ospedaliera di Padova aveva inviato richiesta a 900 pazienti, che tra il 2003 e il 2010 erano ricorse alla fecondazione assistita, di rimborsi retroattivi perché «colpevoli» di aver pagato 36 euro di ticket a prestazione quando il tariffario ne prevedeva 400 per la Fivet e 700 per l’Icsi.
Secondo i calcoli io avrei dovuto restituire 2700 euro, che ho deciso invece di investire nel sito sos informazioni per denunciare l’accaduto e chiamare a raccolta le pazienti interessate. Ne ho riunite 400, tra cui alcune ancora in trattamento e minacciate, se non avessero pagato, di interruzione delle cure pattuite. Il sito, ancora attivo, raccoglie le loro storie, le loro domande su come comportarsi, ma anche molte richieste d’ informazione da parte di donne intenzionate a ricorrere alla Pma e prive di punti di riferimento.
A quel punto ho deciso di chiedere la collaborazione online, fornita a titolo gratuito, della psicoterapeutica Federica Berti e del dottor Renzo Poli, direttore di un centro privato di Pma. Il materiale del sito mi ha fatto comprendere quanto il problema fosse sentito e diffuso, ma di difficile soluzione; anche perché nelle strutture pubbliche le liste d’attesa sono molto lunghe ed in quelle private i costi elevatissimi, dai 4000 ai 5000 euro per ogni tentativo compiuto. In più, con i limiti imposti in Italia dalla Legge 40, molte donne s’informavano sui centri esteri disponibili senza limitazione di impianto, specie in Spagna ed Austria.
Da qui l’avvio al suo progetto di una onlus dedicata all’argomento ?
Sì. Mi sentivo privilegiata per essere riuscita a coronare il mio sogno di maternità e, una volta risolta la richiesta dei rimborsi, ritirati dall’Azienda sotto l’impatto delle nostre pressioni, ho pensato di trasformare un evento negativo in un’occasione positiva di informazione e riferimento emotivo per gli altri.
Sos Pma è nata con un duplice scopo: sensibilizzare entrambi i sessi sulle problematiche che portano a sterilità e fare informazione preventiva nelle scuole sugli stili di vita positivi, che sin dall’adolescenza conservano integri gli organi riproduttivi. Inoltre, in casi ben selezionati, intendiamo aiutare le coppie ad avere un figlio. Non da ultimo, a mano a mano che cresceremo di numero, ci sforzeremo di fare pressione in modo illuminato sui governi che emaneranno leggi sull’argomento.
Abbiamo creato un comitato scientifico, presieduto dal professor Pietro Litta e composto da figure di diversa specializzazione ed uno direttivo, di cui sono presidente e che si occuperà di gestire la onlus, ricercare finanziamenti, aumentare il numero di soci ed altro. La nostra sede è in piazza Garibaldi 4 a Padova ed il nuovo sito Sos Pma già attivo.
Da un mese abbiamo iniziato le consulenze gratuite e presentato all’assessore al Sociale del Comune Fabio Verlato un progetto d’intervento nelle scuole medie e superiori della città che, in collaborazione con gli insegnanti, si propone di informare i ragazzi sulle malattie trasmissibili per via sessuale, sull’abuso di alcol, droga, fumo, sulle patologie alimentari quali l’obesità, che sempre più fanno aumentare il rischio di infertilità; divenuta oggi, anche a causa dell’età sempre più elevata in cui le donne affrontano la prima gravidanza, una malattia vera e propria.
Dopo la presentazione romana, tramite cui contiamo di darci un respiro nazionale e di creare sinergie con associazioni a noi affini, debutteremo a Padova l’1 marzo.
Che differenza c’è tra la Cristina di Versace e quella d’oggi?
Il tempo è trascorso, ho sofferto, sono maturata e le mie priorità sono cambiate. Intatti l’entusiasmo e la voglia di fare.